La musica degli anni ’80-#1 dal 1980 al 1984

Dopo aver visto ieri i grandi telefilm degli anni ’80,oggi prendiamo in esame i grandi successi musicali di quel fantastico decennio.In questa prima parte,vedremo il primo lustro,dal 1980 al 1984,domani vedremo il secondo lustro,dal 1985 al 1989.Sempre tratti da www.anni80.info
LA MUSICA DEL 1980
BACK IN BLACK
Il settimo album in studio degli australiani AC/DC non sarebbe nemmeno dovuto uscire, con la band che dopo la morte del cantante Bon Scott, morto a febbraio a soli 33 anni, aveva deciso di sciogliersi. Ma anche su incoraggiamento dei familiari di Scott, fu reclutato un nuovo cantante, Brian Johnson, l’uomo dalla voce di carta vetrata, e al primo tentativo è subito trionfo, con uno degli album più venduti della storia, ben oltre le 20 milioni di copie. “You shook me all night long”, con i suoi doppisensi impossibili da non notare, la title track “Back in black” e “Hells bells” proiettarono il gruppo dei fratelli Young nell’Olimpo della musica rock, dove sono ancora oltre 30 anni dopo.
DISCO DELL’ANNO
THE WALL
Uscito sul finire del 1979, entra in tutte le classifiche e trionfa nel 1980 “The wall”, la grandiosa opera rock di Roger Waters e soci sull’alienazione e la solitudine del successo. Il viaggio allucinante di Pink, metà Waters e metà Syd Barrett, poi tradotto in immagini dal genio visionario di Alan Parker, è una profonda riflessione sulla mancanza di comunicazione che sta uccidendo i sentimenti. Molti ricordano “Another brick in the wall”, ma “The wall” è soprattutto “Comfortably numb”, con il gruppo ai livelli di “Dark side of the moon”, “Hey you” e “Nobody home”.
PETER GABRIEL (3-MELT)
Al terzo album da solista, Peter Gabriel non ha ancora deciso di dare un titolo ai suoi dischi, ma ha deciso sicuramente di produrre un album straordinario. Un disco che parla di solitudine e inadeguatezza, e delle paure dell’uomo moderno, da “Family snapshot”, su Arthur Bremer e il suo tentato omicidio del governatore dell’Alabama, il razzista George Wallace, a “Intruder”, la storia di un topo di appartamenti, a “I don’t remember”, un uomo che non ricorda il suo passato, o preferisce farlo. I due maggiori successi dell’album sono “Games without frontiers” e “Biko”, un ricordo e un omaggio all’attivista anti apartheid Stephen Biko, ucciso dalla polizia sudafricana, che verrà portato sullo schermo in “Grido di libertà”. Tra le collaborazioni eccellenti del disco, Kate Bush, Robert Fripp dei King Crimson e Phil Collins.
MAKING MOVIES
Dopo l’ottimo debutto con l’album omonimo, i Dire Straits iniziano gli anni 80 che li vedranno tra le stelle più splendenti del rock con un album che contiene almeno due canzoni immortali, “Tunnel of love”, che sarà il loro cavallo di battaglia negli splendidi live, e “Romeo and Juliet”, una rivisitazione della storia d’amore più famosa della letteratura, in cui Giulietta si stanca di aspettare il suo Romeo. “Skateaway”, con un testo quasi criptico ma un grande riff, è il terzo ascolto di un lavoro che mostra le potenzialità di Mark Knopfler e soci, destinati ad altri clamorosi successi negli anni seguenti.
CHRISTOPHER CROSS
L’album di debutto dell’allora 30enne Christopher Cross fu uno straordinario successo di vendite e critica, tanto da meritare al suo interprete il Grammy Award come album dell’anno nel 1981. Con una voce potente ma al tempo stesso delicata ed emozionata nel descrivere le sue storie di amore, Cross tira fuori due hit clamorose come “Ride like the wind” e “Sailing”, che dominano le vendite e i passaggi in radio. Purtroppo per lui, non riuscirà mai ad avvicinare ancora queste vette, se non con “Arthur’s theme”, che avrà anche la distinzione di vincere un Oscar per l’insipido film che accompagnava, “Arturo”.
THE RIVER
Il quinto album di Springsteen, il secondo dopo l’inarrivabile “Born to run”, continua le storie di ragazzi di provincia che non ce l’hanno fatta a montare sulla macchina e lasciarsi dietro le loro città di perdenti: nella title track, anzi, la meta per i due giovani protagonisti è un fiume in secca in cui schiantare i loro sogni infranti. Nella lunghissima versione dal vivo di “Live 1975-1985”, il Boss userà l’intro della canzone per raccontare a cuore in mano la sua storia di conflitti generazionali con il padre. “Independence day” e “Hungry heart”, che ebbe un ottimo riscontro come singolo, sono le alre canzoni di rilievo di un disco che non ebbe un grande successo commerciale.
Due singoli su tutto e tutti nel 1980: “Video killed the radio star” dei Buggles e “Enola Gay” degli O.M.D.. Il primo, uscito a fine 1979, avrà per sempre la distinzione di essere stato il primo video programmato da MTV, il secondo è l’autentico tormentone dell’anno e dominatore di tutti i jukebox. “Another brick in the wall”, la seconda parte, è l’estratto di maggior successo dall’album dei Pink Floyd, ma ridurre a questi 3 minuti tutto il disco mi sembra riduttivo. Due grandi signore della musica fanno centro, Diana Ross con “Upside down” e Barbra Streisand con “Woman in love”. Anche Olivia Newton John ha grande successo, con “Xanadu” e “Magic”. “Fame”, tema dell’omonimo film e serie tv, proietta tra le stelle Irene Cara.
LA COMPILATION DEL 1980
GLI ALTRI SUCCESSI DEL 1980
Sopravvissuti agli eccessi degli anni ’70, arrivano nel 1980 i Blondie, o per meglio dire Debbie Harry e il suo gruppo di contorno: si, perchè la leader del gruppo è un autentico fenomeno musicale, una frontman che può essere paragonata solo a pochi colleghi maschi. “Eat to the beat”, uscito sul finire del 1979, contiene il successo mondiale “Atomic”, con il suo video iconico, mentre nel corso dell’anno usciranno “The tide is high” e “Call me” a completare un anno di platino per l’ex gruppo punk new wave di New York. “Boy” è l’album di debutto di una band irlandese, tali U2, mi sembra faranno qualche altra cosa, in seguito..
Non sono, invece, al primo album i Rolling Stones, che escono con “Emotional rescue”, mentre “London calling” è la canzone più famosa dei Clash, proprio nel periodo in cui il punk sembra morto, ormai rimpiazzato dall’ondata dei “new romantics”: gli Ultravox ne sono portavoce con “Vienna” e introducono sul palcoscenico degli anni ’80 un nuovo strumento, capace di sostituire un’intera band: il sintetizzatore elettronico. Grande successo per i Police, con l’album “Zenyatta mondatta” che monopolizza le top ten inglesi, trascinato dal singolo “Don’t stand so close to me”. Gli Abbacercano di portare la loro dance anche negli anni ’80, con “Super trouper”, che contiene la grande hit “The winner takes it all”, mentre gli Eagles realizzano uno dei live più belli e di maggior successo di sempre.
Solo tre settimane prima della tragica morte, John Lennon ci lascia il suo ultimo lavoro: è”Double fantasy”, con “Woman”, uno dei maggiori successi del 1981. I Reo speedwagon centrano il bersaglio con “Hi infidelity”, che esce a fine anno ma sarà l’album rock di maggior successo del 1981, grazie a “Keep on loving you”. Ha un grande successo la colonna sonora del film “Blues brothers”, con “Soul man” e “Everybody needs somebody”. “Scary Monsters (and Super Creeps)” segna il ritorno al grande successo commerciale per David Bowie, “Another one bites the dust” è il successo che traina le vendite di “The game” dei Queen.Il Festival di Sanremo vede il successo di Solo noi di Toto Cutugno,ma il vero successo di quell’edizione è Su di noi di Pupo,giunta terza.
METEORE DI MEZZA ESTATE
“Non so che darei”, “Figli delle stelle”, “L’unica donna per me”: un trio di successi lancia al primo posto delle classifiche e sulle copertine delle riviste Alan Sorrenti. Baffo da seduttore, voce in falsetto molto fine anni 70, è l’idolo delle sorelle maggiori e delle mamme dell’epoca, che con la scusa di comprare “L’ape Maia” ai figli trovano il modo di far scivolare in borsa anche l’ultimo disco della versione italiana di Julio Iglesias, che le fá sospirare quando appare nell’ennesima trasmissione televisiva. Esempio quasi scolastico di “meteora”, Alan vive due stagioni di autentica gloria, per poi sparire nel dimenticatoio, anche per problemi personali molto seri.
Chi non può invece definirsi meteora nel senso proprio del termine é Gianni Togni, serissimo professionista della canzone d’autore: ma il successo che vive nell’estate del 1980, quando la sua “Luna” é la canzone piú comprata e ascoltata in radio e sui jukebox, non sarà poi riavvicinato dal bravo cantautore. Arrivano dalla Francia, ma sono fenomeni soprattutto da noi i Rockets, gruppo che fà uso di fumo, raggi laser e suoni elettronici, e che si acconcia da alieni argentati. Fantastici con “Galactica”! A livello mondiale, nascono e muoiono nel giro di una stagione iKnack, con la divertente “My Sharona”. Gli sconosciuti Lipps Inc vivono cinque minuti di successo con “Funkytown”.
PERSI E RITROVATI
PRETENDERS
Considerato dalla critica uno dei migliori album di debutto di sempre, “Pretenders” presentò al mondo l’omonimo gruppo, guidato da una delle più forti personalità femminili della storia del rock, Chrissie Hynde. Un mix di rock’n roll, new wave e assoluti momenti punk, “Pretenders” è un concentrato di energia, in cui spicca ovviamente la voce inconfondibile della leader della band. “Brass in pocket” è il singolo classico assoluto, probabilmente superato in notorietà solo dal successivo “I’ll stand by you”, ben supportato da “Precious”, “Mystery achievement” e la romantica “Stop your sobbing”. La strumentale “Space invader”, invece, è un omaggio al videogioco omonimo che faceva ammattire i componenti maschili del gruppo. Un debutto azzeccatissimo per quello che sarebbe diventato uno dei gruppi più importanti della scena musicale degli anni ’80, un classico immancabile nelle vostre raccolte.
LA MUSICA DEL 1981
LA VOCE DEL PADRONE
Un “reduce” della grande stagione italiana del progressive e della sperimentazione sonora degli anni ’70 (“Fetus” e “Pollution”), trova il clamoroso successo commerciale nel 1981 Franco Battiato. “La voce del padrone” è un disco che racchiude dietro quelle che sembano canzonette (come “Bandiera bianca”) una feroce critica all’Italia della tanta forma ma poca sostanza, cafona e prepotente, che stava emergendo all’inizio degli anni ’80. “Segnali di vita” e soprattutto “Gli uccelli”, poi, sono due poesie che trascendono il campo musicale, nel primo disco italiano a superare il milione di copie vendute, un’autentica gemma della nostra musica popolare.
DISCO DELL’ANNO
FACE VALUE
Batterista e seconda voce della formazione classica dei Genesis, poi leader del trio che diventerà una macchina da soldi negli anni ’80, debutta da solista e fa subito centro Phil Collins. “In the air tonight” spinge questo “Face value” a vendite milionarie e dischi di platino in tutto il mondo, con un suono ricercato che si basa molto su elementi del rhytm and blues e del jazz. Nonostante fosse un grande batterista, Collins usò anche delle batterie elettroniche programmate nel disco, una scelta che lasciò interdetti molti critici, ma non il pubblico.
QUEEN – GREATEST HITS
I Queen fanno il punto sulla loro produzione degli anni ’70 e raccolgono un numero di successi quasi imbarazzante per quantità e qualità. Praticamente non c’è un punto debole in questo primo Greatest hits del gruppo di Freddie Mercury (ne seguiranno altri due), ma “Bohemian rhapsody” resta la pietra angolare, una canzone che con i continui cambi di registro e tono continua a sorprendere quasi 40 anni dopo l’uscita. “Somebody to love”, “Save me”, “Another one bites the dust”, “Flash”, dal film “Flash Gordon”, e i successi da stadio “We are the champions” e “We will rock you” sono le altre hits “un po’ più hits” nell’album campione di vendita dell’anno, con oltre 25 milioni di copie.
BUSINESS AS USUAL
L’album di debutto della band australiana di Colin Hay è un successo mondiale, numero uno in tutto il mondo nel 1982, anno in cui viene distribuito fuori dall’Australia. “Who can it be now?” è il singolo di riferimento, e uno dei video di maggior successo dei primi anni di MTV. Con la loro musica scanzonata, i Men at work continuarono a sfornare successi, in particolare il successivo “Cargo”, del 1983, anche se non riuscirono mai a ripetere il clamoroso exploit di questo disco. Di recente, Colin Hay è stato riconosciuto colpevole di plagio per aver copiato il tema di “Down under” da una canzone della tradizione australiana, ma il verdetto non è stato troppo negativo (5% delle royalties dal 2002).
GHOST IN THE MACHINE
Ispirato fin dal titolo dal lavoro seminale del saggista Arthur Koestler, che descrive il dualismo cartesiano tra mente e corpo dell’uomo moderno, “Ghost in the machine” dei Police è un viaggio intimista nella psiche dell’uomo del ventesimo secolo, esplorato in canzoni come “Invisible Sun”, “Spirits in the Material World”, “Omegaman” e “Rehumanize yourself”. “Every little thing she does is magic” è invece molto più leggera, ma non di minor successo. Con un altro titolo assai particolare, “Synchronicity”, da li a due anni Sting e soci realizzeranno uno dei migliori album degli anni ’80.
TATTOO YOU
Mick Jagger e soci arrivano negli anni ’80, e anche se non c’è più nessuna “Satisfaction” o “Sympathy for the devil” rimasta nel serbatoio, si difendono con onore. “Start me up” è il singolo di riferimento dell’album e raggiunse da solo le vette delle classifiche, trascinandosi poi dietro il resto dell’album, che sarà l’ultimo numero 1 americano per gli Stones. Piuttosto banali i video delle canzoni, tranne “Neighbours”, un riuscito omaggio a “La finestra sul cortile” di Hitchcock.
L’album di maggior successo dell’anno in Italia, almeno fino all’uscita de “La voce del padrone”, è “Making movies” dei Dire Straits, che si esibiscono anche a Sanremo. “Strada facendo” di Claudio Baglioni, con il successo omonimo, “Icaro” di Renato Zero, con la scanzonata “Il triangolo” e la più poetica “Il carrozzone” e “Buona fortuna” dei Pooh, con l’elettrica “Chi fermerà la musica” hanno tutti buoni motivi per essere considerati sul podio e mettono in secondo piano i pur ottimi “Cervo a primavera” di Riccardo Cocciante e “La grande grotta” di Alberto Fortis. “Yes I know my way” fa conoscere a tutti l’energia di Pino Daniele, mentre sono un successo tutto italiano, anzi veneto, i Rondò veneziano.
Ha soli 9 anni Nikka Costa, una bambina dalla voce pazzesca che sbaraglia le classifiche di mezzo mondo con una canzone d’amore, “On my own”, rimanendo al numero 1 in Italia per 14 settimane di fila. A fine anno, solo Kim Carnes, con il successo mondiale “Bette Davis eyes”, la scalzerà dalla vetta. A metà dicembre, entra in classifica “Reality” di Richard Sanderson: sarà il tema portante di migliaia di feste di carnevale per i successivi anni. A Sanremo vince Alice, con “Per Elisa”: abbastanza sottovalutata all’epoca, ma poi giustamente celebrata come una delle migliori canzoni vincitrici della rassegna canora. Loretta Goggi è seconda con “Maledetta primavera”, ma si prenderà il primato delle vendite.
LA COMPILATION DEL 1981
GLI ALTRI SUCCESSI DEL 1981
I Reo Speedwagon arrivano fin al 1981 con “Hi Infidelity”, trascinata da “Keep on loving you”. Anche l’ultimo album di John Lennon, “Double fantasy”, ha maggior successo nel 1981 che nell’anno di uscita. “Mistaken identity”, con la voce roca come carta vetrata di Kim Carnes, contiene “Bette Davis eyes”, il singolo numero uno in tutte le classifiche mondiali nel 1981, “Escape” porta finalmente al successo i Journey, con “Don’t stop believin'”. Gli U2 sono al secondo album, “October”, con “Gloria” e “With a shout”, debutta invece un quintetto di Birmingham, con un album pieno di promesse che porta il nome della band: Duran Duran. “Planet Earth” è il singolo migliore, e con il successivo “Rio” fa intravedere potenzialità che poi non verranno del tutto mantenute. I Genesis in versione trio realizzano “Abacab”, accolto da ottime vendite e recensioni critiche. Daryl Hall e John Oates ottengono grande successo con “Private eyes”.
Gli AC/DC quasi replicano il successo di “Back in black” con “For those about to rock (we salute you)”, mentre la 20enne Kim Wilde ammalia i giovani con i video raffinati di “Kids in America” e “Chequered love”, dal suo album di debutto. Hanno successo soprattutto in Gran Bretagna i Roxy Music di Brian Ferry, con la loro versione di “Jealous guy” di Lennon, e Adam and the ants, idoli delle teenagers, con “Kings of the wild frontier”. “Dare” degli Human League contiene “Don’t you want me”, uno dei maggiori successi del synth pop di inizio anni ’80, più o meno la musica che fanno i Foreigner, numeri uno per molte settimane con “4”, grazie a “Waiting for a girl like you”. “Dead ringer” ripropone le ballate rock del corpulento Meat Loaf, ma senza il successo clamoroso di “Bat out of hell”.
Il 19 settembre, Paul Simon e Art Garfunkel richiamano oltre 500.000 persone al loro concerto al Central Park di New York, in quello che rimarrà per anni il live più visto della storia.Tornano in Italia,il festival di Sanremo è vinto a sorpresa da Carla Bissi,in arte Alice,con Per elisa,ma i grandi successi lanciati da quel festival sono Maledetta primavera di Loretta Goggi , Sarà perchè ti amo dei Ricchi e Poveri e Ancora di Luciano De Crescenzo.
METEORE DI MEZZA ESTATE
Non arriva mai al numero uno, ma rimane in classifica più di tre mesi e diventa un autentico fenomeno Alberto Camerini: l’Arlecchino elettronico si presenta in tv con creste multicolori e un disco pieno di suoni elettronici: è la fantastica “Rock ‘n roll robot”. Seguirà un altro successo, “Tanz bambolina”, e poi più niente. Quasi una versione di Camerini al femminile è la punk Donatella Rettore, in classifica con “Donatella”.
Arriva invece dal Belgio il simpatico Plastic Bertrand, che si farà conoscere grazie a “Hula hoop” e poi si ripeterà con l’altrettanto “impegnata” “Ping pong”. È francese invece la deliziosa Lio, che dura lo spazio di un pomeriggio in cima alle classifiche con “Amoureux solitaires”. Claudio Cecchetto non è una meteora, e infatti non è nemmeno una canzone “Gioca jouer”, ma un simpatico passatempo da feste di carnevale: numero uno anche per lui, però. Si affacciano alla ribalta per qualche minuto anche i Collage, con “I ragazzi che si amano” e tale Paolo Barabani, “Hop hop somarello”..
Sono piuttosto inquietanti le meteore internazionali Visage, cinque minuti di notorietà con “Fade to grey”, qualcuno in più per gli Imagination, con “Body talk”. “Our lips are sealed” è il più grande successo del gruppo pop tutto femminile Go-Go’s.
PERSI E RITROVATI
FIRE OF UNKNOWN ORIGIN
Una copertina molto esoterica, brani (“Veteran of the psychic wars”) scritti con autori di fantascienza, altri che parlano di zombie che infestano le strade: sono i Blue Oyster Cult, gruppo di hard rock di discreto successo degli anni ’80, capace di grandi esibizioni dal vivo, in cui trasformavano canzoni anche non straordinarie in trascinanti ballate rock. Reduci da tre album con ottimi riscontri di vendite negli anni ’70, tra cui spicca “Don’t fear the reaper”, in questo loro ottavo album il quintetto di New York dà il meglio in “Burnin’ for you”, buon successo di vendite in America, ma soprattutto il pazzo omaggio (dileggio?) a Joan Crawford, immaginata come uno zombie che esce dalla tomba per unirsi a un gruppo di varia umanità che sarebbe a proprio agio in un film di Tarantino, pronti a far scoppiare la fine del mondo. “Veteran of the psychic wars” parla invece del multiverso in cui si muove il “campione eterno”, personaggio creato dallo scrittore di fantascienza Michael Moorcock, che scrive a 4 mani il testo della canzone con Eric Bloom, leader dei BOC. La canzone farà parte dell’originale film di animazione “Heavy metal”, una specie di rivisitazione in chiave hard rock di “Fantasia”.
LA MUSICA DEL 1982
TOTO IV
Il quarto album in studio del gruppo dei fratelli Porcaro (anche loro non originalissimi nella scelta dei titoli..) è quello del successo mondiale, grazie alle due hit che contiene: “Rosanna” e “Africa”. Nei “si dice non si dice” di cui è pieno il mondo della musica, “si dice” che la Rosanna del titolo fosse Rosanna Arquette, che all’epoca era in coppia con il tastierista Steve Porcaro, ma non sarebbe una gran dedica, visto il mestiere della protagonista.. “Africa”, invece, è senza dubbi dedicata al continente nero e ne ricorda ritmi e suggestioni. Tre volte disco di platino, “IV” fece vincere anche 6 grammy alla band, praticamente tutti.
DISCO DELL’ANNO
RIO
C’è stato un breve momento, nella storia dei Duran Duran, in cui quelli che erano ancora ragazzi a cui piaceva fare musica insieme non erano stai schiacciati dalla macchina del successo, della popolarità, del delirio delle fans. Questo momento termina dopo l’uscita di “Rio”, un album con almeno tre grandi canzoni, “Hungry like the wolf”, “Rio”, appunto, e “Save a prayer”. Ma già i video patinati facevano intravedere la “deriva” che Simon Le Bon e soci stavano prendendo, quella del “glam pop” che li avrebbe si portati a vette di popolarità straordinarie, ma avrebbe anche prosciugato una vena creativa che prometteva ben altro. “Wild boys, wild boys..”
LOVE OVER GOLD
Ormai consolidati nel loro successo, i Dire Straits escono con il loro quarto album, che contiene almeno due perle: “Private investigations”, un omaggio al mondo dei “noir” alla Raymond Chandler, e “Telegraph road”, una lunghissima ballata su un mondo che sta perdendo valori e priorità, che può ancora essere salvato solo dall’amore, che diventerà il loro cavallo di battaglia nelle straordinarie esibizioni dal vivo. La title track, pur bellissima, è alla fine oscurata dalle altre due splendide canzoni, autentiche pietre miliari della storia del rock. Successo di vendite mondiali, l’album raggiunse il numero uno in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia.
PETER GABRIEL (4-SECURITY)
Peter Gabriel continua a non dare titoli ai suoi album, che vengono poi “reinterpretati” dalle copertine, ma continua a comporre grande musica. Il successo commerciale d’impatto dell’album è sicuramente “Shock the monkey”, ufficialmente la mia canzone dei mondiali di calcio del 1982, con un video di grande forza emotiva, ma la migliore canzone è più probabilmente da ricercare tra “The rhytm of the heat” e “Lay your hands on me”, che saranno dei classici amatissimi dal pubblico nei futuri live di Gabriel.
ASIA
Super gruppo formato da membri di precedenti esperienze musicali, in particolare ex Yes, gli Asia portano il progressive rock negli anni ’80, lo “allungano” con buone dosi di pop e ottengono un grande successo, grazie alla super hit “Heat of the moment”, una delle più riconoscibili canzoni di questi 10 anni. La famosa copertina dell’album è di Roger Dean, l’artista che aveva illustrato i dischi degli Yes. 4 certificazioni di platino per questo disco, l’album più venduto in America nel 1982.
EYE OF THE TIGER
Al terzo album, i Survivor fanno jackpot, con una delle prime 10 canzoni di tutti gli anni ’80: “Eye of the tiger”, canzone principale di “Rocky III” e poi usatissima come canzone da allenamento sportivo. Nient’altro nell’album, purtroppo, è all’altezza della title track, ma solo i diritti d’autore di “Eye of the tiger” consentiranno ai membri della band una serena vecchiaia.
Domina le vendite nel nostro Paese il rapper austriaco Falco, con “Der kommissar”, e il successo dell’omonimo film(etto) porta al numero uno delle vendite anche la sciapa Phoebe Cates, con “Paradise”. Un altro film(ino), “Il tempo delle mele”, è responsabile della fusione di molti giradischi degli adolescenti, colpa di Richard Sandersone dell’indelebile tema delle nostre feste di carnevale, “Reality”. “La voce del padrone” continua a dominare le classifiche dei 33 giri, “Celeste nostalgia” porta in alto “Cocciante”, “Voglia ‘e turna’” mostra la grande voce di Teresa De Sio. Grande successo anche per l’idolo delle ragazze Miguel Bosè, che canta dei “Bravi ragazzi” del ’56. Pensare che l’anno prossimo compiranno 60 anni, mamma mia come passa il tempo..
“Palasport” è la dimostrazione del perchè i Pooh siano sulla cresta dell’onda da tantissimi anni, nell’anno in cui il loro ex socio Riccardo Fogli vince Sanremo con “Storie di tutti i giorni”. Alla kermesse canora arrivano secondi Al Bano e la moglie Romina, con “Felicità”, mentre finisce ultimo dei finalisti Vasco Rossi, con “Vado al massimo”. Che Drupi arrivi terzo, prima di “E non finisce mica il cielo”, parole di Ivano Fossati e voce di Mia Martini, deve pure far capire qualcosa sulla formula della gara..
LA COMPILATION DEL 1982
GLI ALTRI SUCCESSI DEL 1982
Il concerto al Central Park di Simon e Garfunkel dell’anno prima diventa disco, con “Bridge over troubled water” e “Sounds of silence” che acquistano ulteriore magia nella indimenticabile registrazione di quella imperdibile serata. “Chicago 16” è il tredicesimo album inedito dell’omonima band, e segna il ritorno al successo dopo un periodo opaco, grazie alla hit mondiale “Hard to say I’m sorry”(riportata a nuova luce 20 anni dopo dal gruppo eurotrance tedesco degli Aquagen). Continua nel 1982 il successo di “Business as usual” dei Men at work, numero 1 in quasi tutto il mondo, mentre “Eye in the sky” segnala a tutti la musica di ispirazione fantascientifica degli Alan Parsons project, il duo voluto dall’ex ingegnere del suono dei Pink Floyd. John Cougar è il campione delle classifiche americane, con “American fool”.
Debutta con un look aggressivo da sopravvissuto del punk Billy Idol, con l’album omonimo, mentre Bruce Springsteen continua a scrivere poesie sulla disperazione dell’America che non si trova sulle mappe di viaggio, con “Nebraska”, uno degli album del Boss maggiormente lodati dalla critica. Willie Nelson rende omaggio alla tradizione musicale americana, soprattutto con una acclamatissima versione di “Always on my mind” di Presley.
Gli Iron Maiden sono al centro di una valanga di critiche da parte di alcune chiese americane: succede, quando intitoli il tuo album “The number of the beast”. “Run to the hills” è però la loro migliore canzone di sempre, e il gruppo inizia ad avere un seguito di fans impressionante. E poi Ozzy Osbourne fa molto peggio di loro: questo è l’anno in cui stacca la testa di un pipistrello con un morso. Ottiene i primi titoli con il singolo “Everybody” Louise Veronica Ciccone, più modestamente rinominatasi Madonna, mentre esce a fine anno il campione di tutti i campioni di vendite: “Thriller”, dell’ancora nero Michael Jackson. Debutta anche il duo Alison Moyet – Vince Clarke, con il nome di Yazoo: si scioglieranno tra solo un anno, ma “Only you” e “Don’t go” sono due classici del pop elettronico degli anni ’80.
METEORE DI MEZZA ESTATE
“Words” è la grande one shot di F.R. David (?), e Richard Sanderson non arriverà mai più al 50% del successo di “Reality”, ma la vera meteora è Gazebo, gettonatissimo nei juke-box e come colonna sonora dei vari film di Vanzina, quest’anno con “Masterpiece”, e poi con le mitiche “I like Chopin” e “Dolce vita”, che a onor del vero viene prima portata al successo da un’altra meteora, Ryan Paris. Ma gli autentici fenomeni parastatali dell’anno sono i Trio, tre zoticoni tedeschi che hanno 5 minuti di gloria con la mitica “Da da da” (e il testo é tutto qua!).
Anche i Quarterflash, con “Harden my heart”, durano lo spazio di un pomeriggio.
“Tainted love” è l’unica hit dei Soft Cell, “I won’t let you down” quella di tale Ph.D. Gli inquietanti Imagination fanno tripletta, con “Just an illusion”, “Body talk” e “Music and lights”. Dalla stessa parrocchia, i Village People, con “Five o’ clock in the morning”. Giuni Russo deve affidarsi a “Un’estate al mare” per farci sentire i suoi incredibili vocalizzi, mentre Mario Castelnuovo annoda i suoi “Sette fili di canapa”. Sempre da Sanremo, tale Giuseppe Cionfoli, finto frate, come si scoprirà poi, canta “Solo grazie”.
PERSI E RITROVATI
AMERICAN FOOL
“American fool” è l’album della svolta per John Cougar Mellencamp, voce ruvida simile a quella di Bryan Adams e grande facilità di fare rock and roll nel solco di John Fogerty e Tom Petty, per esempio. “Jack and Diane” è la canzone di punta del disco, una ballata spensierata su due adolescenti che non hanno ancora conosciuto l’America matrigna di Bruce Springsteen, “Hurts so good” è il contraltare, più rock e sanguigna. “Hand to hold on to” e “China girl” sono le altre due canzoni più significative di un disco stroncato dalla critica (“poco sincero e troppo furbetto”) ma vittorioso alle vendite. Divertente la storia di come Mellencamp abbia firmato i suoi lavori con nomi diversi, dal “Johnny Cougar” dei primi dischi a questo “John Cougar”, fino a John Cougar Mellencamp, il suo vero nome, di cui si “riappropriò” dopo il grande successo ottenuto con questo album.
LA MUSICA DEL 1983
THRILLER
Uscito a fine novembre del 1982, è nel 1983 che “Thriller” comincia a diventare quell’autentico fenomeno di costume e futuro disco più venduto della storia: Michael Jackson si è sganciato dall’orbita dei fratelli e vola da solo, e cavolo se vola.. In questo album, che a seconda delle fonti ha superato i 30, 50 ma anche 100 milioni di copie vendute, non c’è un momento di debolezza: certo, non tutte le canzoni sono “Billie Jean”, “Beat it”, o “Thriller”, ma anche “Human nature”, “The girl is mine”, e le altre canzoni sono più che adeguate. E appena le vendite inizeranno a indebolirsi, il furbo produttore Quincy Jones rimetterà in moto la macchina dei soldi con l’indimenticabile video di “Thriller”, diretto da John Landis. Da qui in avanti, “Jacko” sarà la più conosciuta, (mal) imitata, invidiata stella del pop mondiale.
DISCO DELL’ANNO
SYNCHRONICITY
In qualsiasi altro anno, “Synchronicity” sarebbe stato disco dell’anno e anche di più, in questo 1983, può solo fregiarsi del titolo di miglior disco rock, visto il fenomeno contro cui si trova a scontrarsi. Con un chiaro riferimento nel titolo alla teoria della sincronicità del filosofo Carl Gustav Jung, i Police sono al loro massimo, con un suono più maturo rispetto ai primi album, senza le tracce scanzonate e reggae. “Every breath you take” è chiaramente la gemma del disco, forse il miglior singolo degli anni ’80, ma “Wrapped around your finger” e soprattutto “King of pain” sono degne compagne di viaggio. Peccato solo che quello là..
WAR
Primo grande successo mondiale (ma non in Italia, dove si continua a comprare “Bimbo mix”, piuttosto..) per gli U2: “War”, la guerra che copre di vergogna il mondo, la guerra dei fratelli in Irlanda del nord nell’iconica “Sunday bloody sunday” sui fatti di Londonderry del 1972, la guerra che non cambia mai in “New year’s day”, le bombe atomiche pronte a esplodere in “Seconds”, la tematica del disco è una e ben scandita in tutte le canzoni. Un grande tour mondiale fece conoscere gli U2 in tutto il mondo, con il memorabile concerto al Red Rocks Amphitheatre ripreso in film e diventato poi “Under a blood red sky”, il live che lanciò definitivamente Bono e soci.
MADONNA
Album di esordio per quella che sarà la regina del pop e delle provocazioni dei successivi 30 anni: “Madonna”introduce al mondo la signorina Louise Veronica Ciccone con un suono che sfrutta le nuove possibilità della musica elettronica, dai sintetizzatori alla batteria elettronica, e testi facili facili che parlano di relazioni e amore. Anticipato dal singolo “Everybody”, l’album contiene anche “Holiday”, “Lucky star” e “Borderline”, canzoni che avranno grande successo dopo l’uscita dell’album dell’esplosione del fenomeno Madonna, “Like a virgin”.
THE FINAL CUT
I Pink Floyd danno il “taglio finale” alla loro ventennale avventura artistica, o meglio, già senza Richard Wright, David Gilmour e Nick Mason decidono di divorziare da Roger Waters per sopraggiunte differenze caratteriali, stufi di sopportare il totale controllo artistico preteso dal leader della formazione. Anche “The final cut”, come già “The wall”, infatti, è tutta opera di Waters, che dopo aver parlato dei problemi di incomunicabilità dell’artista rinchiuso nella sua torre d’avorio, rivisita il suo rapporto con il padre, morto sulle coste di Anzio durante lo sbarco in Italia degli Alleati nella seconda guerra mondiale. “The post war dream”, “The hero’s return”, “The gunners’ dream”, “Southampton dock” raccontano la storia di Eric Fletcher Waters e di tanti altri giovani che persero la vita nella guerra. “The Fletcher memorial home” è una satira al vetriolo contro tutti i governanti che quei ragazzi li mandano a morire, mentre l’ultima canzone dell’ultimo disco dei Pink Floyd nella versione classica, “Two suns in the sunset”, tratta dell’incubo atomico e, in modo appropriato, si chiude con parola “end”. Da lí in poi sarà tutto culto della personalità, da entrambe le parti, senza alcuna originalità. Nel 1983 i Pink Floyd, artisticamente, morirono.
SCRIPT FOR A JESTER’S TEAR
Album di debutto per il corpulento Fish e il suo gruppo, i Marillion: già dal nome, mutuato dal libro “Il Silmarillion” di Tolkien, si capisce quali saranno le tematiche e lo stile del gruppo, che infatti ricorda in molti passaggi il meglio della musica quasi barocca degli Yes e dei Crimson King del periodo progressive, pur adeguati agli anni ’80 (gli stessi Yes non fecero meglio della sciapa “Owner of a lonely heart”, in questi anni..). Il giullare del titolo rappresenta la condizione di chi non ha saputo cogliere il momento giusto per fare la dichiarazione, “quella” dichiarazione che poteva cambiare le sorti della sua vita amorosa, e per questo piange, ma una sola lacrima, in modo che la sua amata non se ne accorga, perchè non vuole farsi vedere debole. Spiegazione fin troppo lunga per far capire che, forse, anche chi scrive si è trovato in quella condizione (dico forse, eh..). Per il resto, “He knows you know” è l’altra potente canzone di un disco molto bello, che lanciò al meglio un gruppo molto amato anche in Italia.
Pioggia di singoli per il titolo di disco dell’anno: se la giocano, ovviamente, Michael Jackson, con “Billie Jean” e “Beat it”, Mike Oldfield con “Moonlight shadow”, Irene Cara con “What a feeling”, “Sweet dreams” degli Eurythmics, “All night long” di Lionel Richie, “Say say say” della coppia d’oro Jackson – McCartney, “Total eclipse of the heart”, di Bonnie Tyler. Ma alla fine la spuntano i Police, “Every breath you take” è una tale perfetta, cesellata opera d’arte da superare a 30 anni di distanza la prova del tempo, la più bella canzone degli anni ’80 e una delle migliori di sempre, il giusto premio, tra l’altro, a un disco che senza “Thriller” avrebbe avuto molti più riconoscimenti.
LA COMPILATION DEL 1983
GLI ALTRI SUCCESSI DEL 1983
Grande successo, ma non tra tutti i suoi fans, per David Bowie, con “Let’s dance”: lui stesso chiamerà poi la sua parentesi artistica degli anni ’80 “gli anni da Phil Collins”.. Anche i Talking heads si allontanano dal loro modo di fare musica per ottenere il grande successo commerciale: “Speaking in tongues”, con “Burning down the house” è un clamoroso successo. E il tema della “contaminazione pop” continua con un grande musicista e strumentista, Mike Oldfield, l’uomo di “Tubular bells”, l’angosciante colonna sonora de “L’esorcista”, che realizza l’ottimo “Crises”, con quella che è forse LA canzone degli anni ’80, “Moonlight shadow”, affidata alla spettacolare voce di Maggie Reilly.
“Staying alive” porta la febbre del sabato sera negli anni ’80, e i Bee Gees ne beneficiano, diventando il gruppo musicale di maggior successo di quegli anni. Debutta con un look anticonvenzionale Cyndi Lauper, che ha però una magnifica voce e la usa al meglio in “Time after time”, anche se il successo maggiore di “She’s so unusual” è la gettonatissima “Girls just want to have fun”. A proposito di grandi voci, Annie Lennox si affida al genio creativo di Dave Stewart e al loro secondo album gli Eurythmics fanno centro, con “Sweet dreams (are made of this). I Duran Duran hanno ancora qualcosa da dire, con “Seven and the ragged tiger”, che contiene “The reflex”, i loro rivali Spandau Ballet suonano però meglio, con “True”, che contiene il grande successo “Gold”.
Bob Dylan cerca di adeguarsi all’elettronica, e a malavoglia anche ai video, con “Infidels”, contenente “Jokerman”. I Genesis di Phil Collins sono un gruppo pop senza tanto mordente, ma il marchio di fabbrica è ormai talmente noto che vendono di tutto, anche “Genesis”, con “Mama” e “Home by the sea” uniche canzoni di spessore. Debuttano con “Murmur”, totalmente snobbati da critica e pubblico di massa, i R.E.M., un gruppo della Georgia con un leader carismatico ma canzoni sinceramente troppo criptiche, almeno per il momento, al contrario dei Def Leppard, che con l’energico “Pyromania” fanno le prove per il successo galattico del successivo “Hysteria”. “Karma chameleon” lancia “Colour by numbers” dei Culture Club, album di grandissimo successo grazie anche alle successive “It’s a miracle” e “Victims”. Gli Yes fanno uscire “90125”, ma se la migliore canzone è “Owner of a lonely heart”, allora il meglio di loro è rimasto negli anni ’70.In Italia,trionfa a Sanremo la sconosciuta(e resterà tale…)Tiziana Rivale con Sarà quel che sarà,davanti a Donatella Milani con Volevo dirti.In quell’anno fanno boom anche l’Italiano di Toto Cutugno e Vacanze romane dei Matia Bazar,oltre a Vita spericolata di Vasco Rossi.
METEORE DI MEZZA ESTATE
Alla voce “meteore” del dizionario dovrebbe comparire la loro foto: sono un duo piemontese che canta in spagnolo e nell’estate 1983 diventano il fenomeno assoluto delle canzonette italiane: i Righeira. “Vamos a la playa” diventa un tormentone incredibile, e una delle canzoni che vengono subito in mente quando si parla di anni ’80. Seguirà un altro discreto successo, “No tengo dinero”, e poi l’oblio assoluto. Piú o meno quello che succede a Dario Baldan Bembo, un grande autore e musicista serio, che si vede da un giorno all’altro in testa alle classifiche e in tutte le trasmissioni televisive, grazie a “L’amico é”, sigla del primo telequiz di canale 5, Superflash. Dopo sei mesi di notorietà, Baldan Bembo non lo riconosce nemmeno sua madre. Toquinho dipinge il suo “Acquarello”, poi non troverà più quegli sgargianti colori.
Anche F.R. David ha lo stesso destino, con “Words”(ripresa 10 anni dopo da Fiorello col titolo Puoi), e non é da meno Greg Kihn, con “Jeopardy”. La divertente canzone sui quiz televisivi americani é un fenomeno di vendite, ma rimarrà l’unico acuto di questo cantante. Nella stessa categoria, Laid back e Bandolero. Chi? Ah,si: “Sunshine reggae” e “Paris latino”. “Tropicana” è la hit del Gruppo italiano, una delle canzoni più simpatiche e ricordate di quegli anni, e anche se certo non gli interessa rientrare nella categoria “meteore musicali”, non può sottrarsi alla citazione il presentatore televisivo Corrado, numero uno con “Carletto”, e poi di nuovo con il seguito, “Sei contento papà?”..
PERSI E RITROVATI
POWER, CORRUPTION AND LIES
Dopo la tragica scomparsa del leader Ian Curtis, i Joy Division, uno dei gruppi più importanti della dark wave inglese, diventano New Order, e dopo un primo disco “di installazione” realizzano quello che viene considerato uno degli album seminali nello sviluppo del synth-pop e della dance elettronica. “Blue monday” è il manifesto del “nuovo ordine”, con i suoi sintetizzatori, sequencer, e l’ossessivo ripetersi della drum machine. “Age of consent” e “Your silent face” sono due ballate molto più melodiche e meno sperimentali, e con “Leave me alone” e “The village” completano gli ascolti più importanti di un disco considerato pietra miliare anche per la creazione della scena musicale della cosidetta “Madchester” e dell’alternative rock degli anni ’90.
LA MUSICA DEL 1984
PURPLE RAIN
Nominato in tutte le classifiche dei migliori album di sempre, 13 volte disco di platino con oltre 20 milioni di copie vendute, il sesto album del controverso “genio di Minneapolis”, Prince, che all’epoca ancora non si faceva chiamare con nomi strani, è uno dei dischi fondamentali degli anni ’80. Con i grandi successi “When doves cry” e “Let’s go crazy”, oltre alla title track “Purle rain”, la colonna sonora dell’omonimo film spazia dal pop rock al rhytm and blues alla dance, alla psichedelia pop, con alcuni critici che arrivano a definirlo una riuscita fusione di funky e r&b con pop, rock, e addirittura heavy metal. Iperboli a parte, Prince colpisce nel segno e crea un autentico marchio di fabbrica, legando intorno a sè, in una specie di nuova factory alla Warhol, talenti musicali che avranno successo da solisti oltre che come parte della sua band, “The revolution”.
DISCO DELL’ANNO
BORN IN THE USA
Come un titolo può portare fuori strada: celebrato da tanti, tra cui il presidente Reagan, come un nuovo inno all’americanità, “Born in the USA” descrive invece il fallimento della società edonistica e votata al consumismo sfrenato tanto di moda all’epoca degli yuppies. A cominciare dalla title track, che non è storia di vittorie, ma di un ritorno a casa di un veterano del Vietnam: “nato in una città di morti”, spedito a calci in una guerra che non capiva, torna in un posto dove le fabbriche stanno chiudendo e dove non trova aiuto, scansato dalla gente a cui ricorda il fallimento della “sporca guerra”. Anche i “Glory days” sono quelli passati, della gioventù dove tutto era ancora possibile, non della maturità in cui si possono solo ricordare con nostalgia e rimpianto, e “My hometown” sembra quella del reduce di Born in the USA, con le finestre della via principale sbarrate e i negozi chiusi. Tanti saluti all’America di Reagan, insomma, ma benvenuto alla versione 2.0 di Springsteen, quella dell’eroe degli stadi pieni, dei concerti fiume, dell’energia che vibra come mai nessun altro rocker prima era riuscito a fare, re del rock per almeno 20 anni da allora in poi.
THE UNFORGETTABLE FIRE
Il quarto album in studio degli U2, prodotto da Brian Eno, è il momento della svolta, quello in cui i quattro di Dublino, con un suono sicuramente più pulito dei precedenti lavori, transitano dal ruolo di “promesse” a quello di star. Registrato nella suggestiva cornice del castello di Slane, in cui vengono anche girati i video del disco, “Unforgettable fire” contiene non una, ma due pietre miliari per il gruppo di Bono: la title track e “Pride”, dedicata alla memoria del martire dei diritti dei neri Martin Luther King, la cui vita è paragonata a quella di Gesù. Soprattutto questa è talmente famosa da risultare “scontata” come capolavoro, quindi meglio citare un altro ascolto di grande livello del disco: “A sort of homecoming”, prendendo in prestito le parole di Chris Martin, il leader dei Coldplay, mica l’ultimo dei fessi: “A Sort of Homecoming la conosco a memoria, anche suonata al contrario: è entusiasmante, brillante, bellissima. È una delle prime canzoni che ho fatto ascoltare al mio bambino prima che dovesse nascere.”. Da qui in poi, solo il cielo sarà il limite.
RECKLESS
Il quarto album in studio di Bryan Adams è un tale successo che potrebbe essere facilmente scambiato per un “greatest hits” invece che un disco di inediti, tanto che Adams può essere considerato all’epoca il canadese più famoso del mondo, al massimo secondo solo a Wayne Gretzky. In uno stato di grazia, il rocker canadese sforna successi uno dopo l’altro: le energetiche “Run to you” e “It’s only love”, la ballata romantica “Heaven” e il suo autentico inno, “Summer of ’69”, una specie di “Glory days” per la storia che racconta, ma in cui la musica è talmente trascinante da farla sembrare tutt’altro. Il successo del disco fu poi alimentato da un grande tour mondiale, con alcune date in cui Adams fu accompagnato da Tina Turner, cementando il suo nuovo status di superstar mondiale del rock.
1984
Eddie Van Halen è la mente, David Lee Roth la faccia del fenomeno Van Halen, al successo mondiale con il loro sesto disco, famoso già dalla celebre copertina del cherubino che fuma una sigaretta di nascosto, addirittura censurata nel Regno Unito.. “Jump” é, ovviamente, la canzone manifesto del disco, un inno al rock come pochi, in cui i nuovi strumenti elettronici, a cominciare dal sintetizzatore, sono di supporto e di miglioramento alle tradizionali chitarre elettriche. Ma tutti i grandi riff, tutti i grandi passaggi delle tastiere sarebbero poca cosa se non ci fosse un grade frontman a far impazzire il pubblico, e con i suoi salti sul palco, i suoi ammiccamenti alle fans, la sua simpatia, David Lee Roth ha all’epoca pochi eguali e vende il pacchetto Van Halen alla grande.
ALCHEMY
La dimensione “live” è quella che crea la separazione tra i bravi artisti e quelli davvero grandi, che trovano nel concerto dal vivo non una, ma due, tre marce in più. In questo senso, pochi sono al livello dei Dire Straits, che in questo live registrato in due date nel luglio del 1983 all’Hammersmith Odeon di Londra trasformano in clamorose, torrenziali versioni alcuni dei loro grandi successi, da “Telegraph road” a “Tunnel of love”, da “Romeo and Juliet” a “Private investigations”. Perfino la non spettacolare “Once upon a time in the west” acquista decine di punti, e quando parte l’assolo di chitarra di Mark Knopfler, non si può non essere d’accordo, dal vivo lui e i suoi soci sono davvero i “sultani dello swing”.
Per farsi pubblicità, ma anche per premiare in modo più specifico i video, ormai diventati autentico medium indipendente, MTV organizza la prima edizione degli MTV music awards, che premiano i migliori video della stagione da maggio 1983 a maggio 1984. In mezzo a tanti premi e ospiti, arriva come un ciclone sul palco Madonna, che si fà uno spot clamoroso con la performance da bollino rosso di “Like a virgin”, che la fà diventare in una sera l’assoluta nuova “hot stuff” del mercato musicale. Messi in penombra dalla signorina Ciccone, i Cars sono i primi vincitori del video dell’anno, con “You might think” che a sorpresa batte “Thriller” e “Every breath you take”: Jackson e Police si rifanno vincendo tre e un premio, rispettivamente, in categorie minori. Cyndi Lauper è premiata come migliore artista femminile in video, gli Eurythmics come migliori debuttanti, ma nessuno fà meglio di Herbie Hancock, che con “Rockit”vince addirittura 5 premi, tutti per la parte tecnica.
I Grammy per i dischi del 1984 premiano il ritorno in grande stile di Tina Turner (disco e canzone dell’anno, migliore performance pop e rock), il debutto coi fiocchi di Cyndi Lauper e Prince. Alla notte degli Oscar, Prince vince con “Purple rain” nella categoria “Miglior canzone parte di un tema musicale”, una categoria che non verrà poi più premiata, “I just called to say I love you” di Stevie Wonder vince invece nella più classica “Miglior canzone originale”.
LA COMPILATION DEL 1984
GLI ALTRI SUCCESSI DEL 1984
Grandi debutti, nel 1984: i Bon Jovi arrivano dal New Jersey come tale Bruce Springsteen, e con l’album omonimo iniziano la loro scalata al successo. Un’altra grande rock band del futuro, i Red hot chili peppers, testa le difficili acque del mercato discografico, ma il loro stile è ancora troppo grezzo e aspro per incontrare il favore del pubblico. Di tutt’altro materiale è la voce dell’ex modella Sade, molto più vicina alla morbida seta in “Diamond life”, con i successi “Smooth operator” e “Your love is king”, da subito favoriti degli incontri amorosi.. Hanno poco in comune se non l’anno di debutto gli Smiths di Morrissey, con la loro aria da decadenti bohemiens, futuri punto di riferimento della scena alternative, e i Run D.M.C., gli inventori dell’hip-hop come forma di protesta, non come veicolo di canzoni funky come era stato fino ad allora.
Debuttano, infine, i Frankie goes to Hollywood, che ottengono il miglior risultato tra tutti i nuovi arrivati, con “Welcome to the pleasuredome”, con i due clamorosi successi “Relax” e “The power of love”, una delle più belle ballate romantiche degli anni ’80. Non è certo una debuttante, ma si reinventa inteprete di grande classe e fascino Tina Turner, grazie anche alla collaborazione di Mark Knopfler in “Private dancer”, con l’omonimo singolo e “What’s love got to do with it”. Sono invece reduci di una stagione ormai finita, quella del progressive rock, i King Crimson, che non trovano la scintilla dei giorni migliori con “Three of a perfect pair”. I Reo Speedwagon azzeccano un altro grande successo con la ballata rock “Can’t fight this feeling”, dall’album “Wheels are turnin'”, i tedeschi Alphaville sono tra i fenomeni del 1984 grazie a “Forever young”, da cui tirano fuori tre dischi da numero 1: “Forever young”, “Sounds like a melody” e “Big in Japan”, tre veri classici del pop anni ’80.
METEORE DI MEZZA ESTATE
Sandy Marton vive la sua estate di gloria, con la mitica “People from Ibiza”. Capello lungo, faccia da figlio di buona donna che la sa molto lunga, fá strage di cuori tra le teenagers italiane con la sua tastierona da tracolla: in realtá, é meno esotico di quanto faccia credere, e deve il suo successo a un grande creatore di fenomeni multimediali come Claudio Cecchetto, che si é stufato di cantare “Gioca jouer”. Murray Headcentra il bersaglio pieno con “One night in Bangkok”, una delle canzoni più ricordate degli anni ’80, grazie anche al famoso video ambientato in un clima da spy story a un torneo di scacchi. “It’s my life” e “Such a shame” sono la doppietta vincente dei Talk Talk, che poi poco altro riusciranno a fare.
Altri fenomeni da notte di mezza estate sono Il Gruppo italiano, quelli di “Tropicana” e “Anni ruggenti”, i Novecento, con “Movin’ on”, e Mike Francis, italianissimo nonostante il nome, con “Survivor”. Fiordaliso canta “Non voglio mica la luna”, e infatti nessuno pensa di dargliela, Kenny Loggins fá in tempo ad arrivare al numero uno in tutto il mondo con “Footloose” prima di ritornare nel buio, i Rockwelldiventano famosi con “Somebody’s watching me” e poi spariscono, i Wang chung incidono “Dance hall days” e poi tornano alle loro vere occupazioni, come Nena, cantante tedesca che per un po’ fà impazzire tutti con la sua cantilena “99 luftballons”.
PERSI E RITROVATI
OCEAN RAIN
Cupo, notturno fin dalla copertina, il quarto album di Echo & the Bunnymen, il gruppo post-punk dark di Liverpool è uno degli esperimenti meglio riusciti dell’epoca in cui stava nascendo quello che sarebbe stato il movimento alternative rock inglese. “The killing moon”, poi riportata in auge dalla colonna sonora di “Donnie Darko” è il brano più conosciuto della discografia dei Bunnymen, un malinconico atto di abbandono al fato contro cui non ci si può opporre, rappresentato dalla luna assassina che sta per prendere il protagonista, come proprio in “Donnie Darko”. “Ocean rain”, “Silver” e “Seven seas” sono gli altri brani più importanti di un disco ritenuto punto di riferimento da molti futuri protagonisti della musica inglese degli anni ’90.
Articolo interessantissimo…denota una approfondita conoscenza musicale del periodo in oggetto. Grazie